Tour de France 1950: Bartali e l’assalto al Col de Aspin

Il Col d’Aspin non è probabilmente la salita più difficile o più iconica che caratterizza il Tour de France, la grande corsa a tappe francese che ogni corridore vorrebbe vincere nel corso della carriera. Ma nell’edizione del 1950 della gara, divenne il teatro naturale di un dramma che ben poche volte, o forse mai, si replicherà.

La salita era protagonista dell’undicesima tappa della gara che andava da Pau a St. Gaudens e il due volte vincitore del Tour, Gino Bartali si trovò spiazzato dall’attacco scriteriato da lontano del francese Jean Robic, meglio noto come “testa di vetro”. Ripreso in discesa dai migliori, fu la volta del francese Piot ad attaccare sul Tourmalet e Bartali, da par suo, si mise al suo inseguimento. Fu qui che ebbe inizio l’assalto indiscriminato al corridore toscano: i tifosi francesi cominciarono ad inveire, sputare, colpire con manate il povero Bartali che scelse di lasciar andare Piot, salendo con calma, “scortato” da Bobet e Ockers che optarono per proteggere il campione italiano.

Ma il peggio doveva ancora arrivare: quando fu la volta del col d’Aspin, Piot venne raggiunto dal gruppetto dei migliori. Le offese con calci, pugni e sputi aumentarono mentre Bobet, Ockers e lo stesso Robic, che era rientrato sul gruppo, difesero a spada tratta Bartali, usando se necessario anche la pompa della bici, fendendo colpi. Alcune  cronache raccontarono addirittura il direttore della corsa, Goddet, salito su una moto, cominciasse a difendere i ciclisti della carovana con un ramo d’albero. Una vera bolgia infernale.

Verso la vetta gli spettatori restringevano la sede stradale. Un’auto nera del seguito, per passare, sfiorò Gino che scartò, toccò Robic e finì a terra assieme al bretone. Si accese il parapiglia. Volarono pugni, spinte, manrovesci. Qualcuno tentò di sottrarre la bici a Bartali, che raccontò poi di avere dato cazzotti a sua volta e di avere intravisto luccicare la lama di un coltello. Riagguantata la sua bicicletta, il vecchiaccio si buttò in discesa verso Saint Gaudens.

Quanto durò il fattaccio? Pochi secondi? Qualche minuto? Sicuramente fu una cosa breve ma non tanto da passare inosservata perché alcuni corridori attardati, tra i quali Magni, riuscirono a rientrare quasi subito lungo la discesa.

Goddet, per amor di patria e, forse, del posto di lavoro, disse di non essersi accorto proprio di nulla. Il Patron mentiva sapendo di mentire.

Il gruppetto dei primi giunse raggiunge così la sede di arrivo Saint Gaudens: fu Magni a tirare la volata al povero Bartali, che vinse senza grossi problemi, battendo in volata Bobet, Ockers e gli altri. Il buon Fiorenzo aveva fatto bene i suoi calcoli: era diventato la nuova maglia gialla del Tour, tanto valeva lasciare il successo al suo corregionale.

Era il momento della tragicommedia: Bartali affermò di essere stato preso a pugni e calci e persino minacciato da un uomo con un coltello. Voleva abbandonare la gara. “Vado perché temo per la mia vita”, disse Bartali per descrivere la situazione che aveva vissuto. “Sono stato attaccato da spettatori arrabbiati. Uno ha persino brandito un coltello.”

Fu Louison Bobet a smontare fin da subito la tesi dell’italiano, affermando che Bartali non era stato colpito in alcun modo. “Non nego che gli italiani siano stati insultati durante la salita dell’Aspin”, ha detto Bobet. “Comunque, penso di poter affermare che durante i pochi secondi che ci sono voluti per liberarci dalle nostre bici, Bartali non è stato colpito”.

Bartali comunicò al team manager,  il tre volte campione del mondo Alfredo Binda che avrebbe lasciato la gara e che gli ciclisti della nazionale avrebbero dovuto seguire l’esempio. Tuttavia, non tutti gli italiani erano d’accordo con Bartali. Un corridore che voleva restare era Fiorenzo Magni, che era passato in vetta alla gradutoria.

Goddet pregò gli italiani di rimanere in carovana e tentò persino di arrivare a un compromesso, offrendo di permettere agli italiani di vestire maglie grigio neutre in modo che gli spettatori non li riconoscessero. Offrì loro anche una scorta armata. Tuttavia, Magni si dichiarò d’accordo, a malincuore, con Bartali e tutti gli italiani si ritirarono – sia la squadra italiana principale che quella italiana dei cadetti.

La decisione ha anche comportato la modifica della quindicesima tappa della gara. Invece di finire a Sanremo in Italia, sarebbe finito a Menton in Francia.

Per quanto riguarda l’accusa di Bartali di essersi sentito minacciato da uno spettatore con un coltello, il giornalista di L’Equipe Pierre Chany ebbe una diversa interpretazione dell’incidente: “Ho visto questo testimone, in realtà aveva un coltello nella mano destra”, disse Chany, “E un salame nella sua mano sinistra.” A quanto pareva, l’uomo si stava godendo un picnic quando era corso in aiuto all’italiano, piuttosto che attaccarlo.

La decisione di Bartali di ritirarsi fu impopolare tra molti tifosi e ciclisti; non ultimo Magni, che ebbe ad affermare che la mossa gli chiuse definitivamente le porte di vincere il Tour, almeno una volta in carriera, il sogno di ogni ciclista.

Davide Bernasconi

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