Quando si era negli Anni 80, gli sponsor nel basket facevano la voce grossa perchè l’abbinamento con la squadra era tale che il nome veniva cantato ed osannato dai tifosi durante la partita facendo così accrescere il legame. Ed i marchi che si legavano ai clubs erano prodotti molto diffusi e soprattutto legati al mondo del commercio del market.
Se in alcune zone del paese il legame con il settore della falegnameria e dell’arredo era storico, nelle piazze più celebri della palla a spicchi si puntava su prodotti venduti su larga scala. L’Olimpia Milano, la squadra italiana più vincente in campo nazionale, nonchè prima vincitrice della Coppa Campioni per quanto riguarda le compagini tricolori, era da sempre fra le potenziali candidate al successo finale.
La rivalità con le cugine lombarde Varese e Cantù si faceva sentire, in un’epoca in cui i patron avevano sempre pronto il portafoglio a portata di mano ed i budget potevano variare in corso d’opera per il fatto che sponsorizzare e vincere significava spesso valorizzare una realtà locale se non addirittura la propria.
Milano però aveva già allora quell’aurea internazionale ed i marchi che si legavano alla compagine avevano interesse a spingersi anche ben oltre i confini nazionali.
Lo sponsor a cavallo dei decenni 70/80 fu un marchio indelebile per chi, allora poco più di un bimbetto, lo vedeva sugli scaffali del supermercato, che non avevano le dimensioni degli attuali iper, e che erano davvero a portata di mano. Si chiamava Billy e non era un cowboy, ma una bibita in brick di 20 cl, che, con una pratica cannuccia piegata ed incollata alla confezione, consentiva di sorbirsi la bibita non appena se ne aveva voglia.
Infilare la cannuccia in quel buchetto argentato corrispondeva ad uno dei momenti più allegri della giornata, anche perchè la facilità di quel gesto consentiva di portarsi dietro il brick in qualsiasi momento, dalla gita scolastica alla passeggiata con i genitori se non al momento sportivo da passare al campetto o all’oratorio.
Ma perchè Billy fu così popolare?
Semplice, legato ad una squadra di pallacanestro vincente, il prodotto era diventato molto popolare e non si mancava di berlo anche nei palazzetti, spesso all’intervallo delle partite per poi, una volta terminato, metterlo sotto le scarpe e farlo scoppiare, tale era la semplicità del gesto ed il rimbombo che creava.
Poi in quegli anni, il basket frizzantino di Milano, grazie a quel genio di Dan Peterson in panchina, rendeva ancora di più semplice il legame.
Quando le ex scarpette rosse volevano alzare il ritmo, la partita cambiava nel breve volgere di qualche minuto e le rimonte erano cose fatte: era proprio come bersi un Billy, solo che per gli avversari era come trangugiare la cicuta senza volerlo.

Poi, improvvisamente, il marchio sparì dagli scaffali dei negozi e dei supermercati in men che non si dica. Ma perchè?
Voci mai verificate e confermate parlarono di un prodotto realizzato con sostanze non consentite. Allora la comunicazione era scarna: non esistevano i social media e nel momento in cui non trovavi più quello che fino al giorno prima era a portata di mano, te ne facevi una ragione.
Per chi volesse commentare questo mio ricordo giovanile, può lasciare un gradito ricordo nei commenti.
Billy Milano: palmares
- 78/79 finalista
- 79/80 semifinalista
- 80/81 semifinalista
- 81/82 campione d’italia
- 82/83 finalista in Italia e Coppa Campioni