E sono tre, e sono tre, gridava al microfono Nando Martellini dopo che il pallone calciato da Sandro Altobelli finiva nella porta della Germania Ovest e “consegnava”, a nove minuti dal termine il titolo di campione del mondo agli azzurri.
In tribuna il Presidente della Repubblica Italiana Sandro Pertini non stava più nella pelle, e quasi emulando gli italiani presenti al Santiago Bernabeu ed i milioni davanti alla tv, si alzava in piedi e spalle al campo, alzava le braccia al cielo in segno di gioia, mentre il Principe Juan Carlos di Spagna, probabilmente deluso per non essere al posto del “nostro” presidente, guardava nel vuoto.
La storia dei Mondiali di Spagna 82 ricalca quella del paese; in un’estate sconvolta dallo scandalo P2, il crollo del Banco Ambrosiano, il suicidio-omicidio del banchiere Calvi a Londra nonché un’inflazione galoppante, gli azzurri arrivarono nella penisola iberica travolti da un mare di polemiche.
Privi di gioco, con gli uomini chiave spompati da un campionato che si era concluso solo all’ultima giornata con la vittoria per un punto della Juventus ai danni della Fiorentina, il bomber Paolo Rossi aveva ricevuto la grazia in merito alla squalifica per lo scandalo scommesse del 1980, ma si presentava in precarie condizioni fisiche.
Praticamente senza giocare da due anni, le ultime partite in maglia bianconera non dicevano molto della sua forma, e gli sportivi si appellavano ai ricordi di Argentina 78 dove Rossi era diventato Pablito.
Ma dopo un percorso faticoso nel girone, con tre pareggi, il girone di ferro contro Argentina e Brasile trasformò letteralmente gli azzurri che superarono di slancio nel catino del Sarrià i due squadroni sudamericani, vinsero agevolmente sulla Polonia in semifinale e, dopo un primo tempo di predominio, con l’errore dal dischetto di Cabrini che avrebbe potuto abbattere un elefante, travolsero nel tripudio dei tricolori la Germania Ovest, conquistando il terzo titolo mondiale.
