Prima partita NBA: la curiosità di chi non pagò il biglietto

Gli inizi di qualunque avventura sono sempre assai complicati ed anche la storia della NBA non fa eccezione, tenendo conto che la palla al cesto americana iniziò appena un anno dopo il termine della seconda guerra mondiale, esattamente il 1° novembre 1946 quando si disputò addirittura in terra canadese fra i Toronto Huskies e i New York Knicks. In quella prima stagione, erano appena 11 le franchigie che si contendevano l’anello per i vincitori del titolo, nulla o quasi a confronto con le attuali 30 squadre che partecipano ad uno dei tornei più ricchi al mondo.

E la città che tornerà a respirare aria di NBA molti anni più tardi con i Raptors (vincitori del titolo nel 2018/19) fu quindi la prima a scrivere una lunga ed importante pagina, cosa peraltro che metteva in imbarazzo la lega che conosceva la scarsa passione per il gioco da parte dei fans canadesi.

Al contrario negli States esisteva una lega antagonista che si chiamava NBL e pareva assai agguerrita.

A Toronto, la dirigenza locale decise di attivare una promozione speciale per i tifosi che si sarebbero recati presso il Maple Leaf Gardens per godersi lo spettacolo in cui si esibivano giocatori dalle altezze poco comuni. Ed allora, la particolare offerta commerciale consistette nel fatto che tutti gli spettatori che fossero arrivati ai tornelli d’ingresso, risultando più alti del pivot degli Huskies George Nostrand (203 cm) non avrebbero pagato il biglietto. 

E per rendere noto a tutti di questa  vantaggiosa offerta, sui cartelloni pubblicitari venne indicato quale fosse l’altezza di Nostrand, per far capire chi avrebbe goduto del benefit.

Giunsero in totale 7090 spettatori, un’ottima cifra per essere la prima partita di uno sport che in Canada non era poi molto noto.

Il match venne vinto dai New York Knicks per 68 a 66 mentre Ossie Schectman fu il primo a segnare  un canestro nell’intera storia della liga americana.

Da questo particolare momento, ebbe inizio una parte importante dello sport americano e mondiale, con lo sviluppo di un campionato che ormai è una sorta di mondiale per clubs, interessando ed appassionando milioni di tifosi sparsi per tutto il globo, dovuto al fatto che giocatori di ogni nazionalità fanno parte dei roster delle 30 franchigie.

Anche gli Huskies passeranno alla storia: la squadra non crebbe mai di livello e con il passare dei mesi l’interesse si affievolì sempre  più, tanto che alla fine della stagione la squadra scomparve.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.