Di ben poco c’è da aggiungere alla storia personale di Omar Sivori, uno di quei talenti che il calcio ha visto crescere rapidamente, salire agli onori della gloria, in un’epoca in cui la televisione non aveva il potere attuale, e poi comprendere lentamente solo più tardi, quando anche i più giovani compresero che il gioco del pallone è fatto con i piedi, la testa e le gambe.
Ed Omar Sivori la testa la usava però a volte anche in malo modo, dato che colpire gli avversari con il capo e non solo, diventava un modo di far capire agli altri che, anche se si trovavano di fronte un uomo che con il fisico da bellimbusto aveva poco a che fare, poco contava se non ci si batteva da uomo.
Frasi celebri di Omar Sivori
Il gol di Maradona a Mexico 86 è il più bello, ma poteva segnarlo soltanto agli inglesi.
Giocavo con i calzettoni abbassati, arrotolati sulle caviglie. I difensori dovevano capire da subito che, anche se ero Piccolino, nessuno ma davvero nessuno mi faceva paura.
Non lo vedi che ho da fare?
Eh, quella volta fui molto sfortunato. L’arbitro ne aveva combinate di tutti i colori, anche se lo ricordo vagamente. Si giocava all’Olimpico. Alla fine, lo insultai in spagnolo, ma quello capì tutto. Il signor Jean-Louis Groppi, un sergente dell’esercito in congedo, era un bestione: mi mise le mani addosso e io corsi a rifugiarmi nello spogliatoio. Lui fece una scena pazzesca, finché mi raggiunse e ci trovammo faccia a faccia. Mi disse che aveva capito tutto, sua moglie era spagnola. Gli risposi che, se l’avesse detto subito, avrei evitato di insultarlo. (ricordando un episodio in cui si scontrò con l’arbitro francese Jean-Louis Gropp)
Va bene, però sbrigati a farlo. (in risposta agli insulti del difensore del Catania Elio Grani)
«Nel match contro il Boca», ha raccontato, «ci picchiavamo in campo, ci dicevamo di tutto e quando in campo non riuscivamo a risolvere le situazioni, ci davamo appuntamento a fine partita. Allora le cose si risolvevano da uomini, non sugli organi di stampa.
Mi pagherai una cena ogni volta che farò passare il pallone fra le gambe del primo avversario che mi viene a tiro. Se ci riesco mi paghi una cena tu, se fallisco la pago io. (Al compagno di squadra Bruno Garzena, a cui propose una scommessa).
Quando arrivai a Torino, al primo allenamento c’erano un sacco di tifosi e tutti i dirigenti, gli Agnelli compresi. Mi misi a palleggiare e l’Avvocato mi fece notare che palleggiavo quasi esclusivamente con il mio piede preferito, il sinistro. Allora presi la palla e feci quattro giri di campo palleggiando senza mai farla cadere. Alla fine del quarto giro mi fermai davanti a lui e gli dissi: “Secondo lei, cosa ci dovrei fare, con il piede destro?”.
Durante una partita, Sivori si avvicinò a Herrera e gli urlò: “Al ritorno, a Torino, veniamo a giocare in sei. Per vincere contro di te, ci basta”»
Mi chiedono spesso chi è stato più forte, Pelé 0 Diego Armando Maradona? Tra i due non so, ma il più forte di tutti è stato Di Stefano.
Qui bisogna lottare sempre e quando sembra che tutto sia perduto, crederci ancora, la Juve non si arrende mai.
Tutti i calciatori dovrebbero provare cosa significa giocare nel Napoli.