Julio Velasco: la cultura dell’alibi (video)

Julio Velasco non è un semplice allenatore di pallavolo: se in campo sportivo parlano i suoi molteplici successi con l’Italia, che seguirono i 4 titoli in Argentina e gli altrettanti nel Bel Paese alla guida della Panini Modena, la fama del tecnico sudamericano si deve anche al cambio di mentalità ( e di cultura).

Quando arrivò sulla panchina azzurra nel 1989, fu guida dentro e fuori dal campo, portando immediatamente la nazionale al successo agli Europei in Svezia. Se il merito in campo lo dovette al tasso tecnico decisamente elevato, il merito fu anche di Velasco, che riuscì ad imporre una netta e decisa svolta sotto l’aspetto mentale.

Nel corso degli anni saranno poi i giocatori stessi a spiegare perché la cosiddetta Generazione di Fenomeni aveva spesso al collo medaglie pregiate, a differenza delle epoche in cui il volley italico sollevava trofei solo raramente ed in occasione di competizioni di clubs, rinforzate dunque da assi stranieri.

Velasco poi verrà chiamato più volte a spiegare la teoria della Vittoria, o meglio a spiegare la Cultura dell’Alibi che fu il vero blocco rimosso dalle menti dei giocatori. Gli inviti a conferenze aziendali diventeranno la norma mentre l’ingresso nel mondo del calcio, con Lazio ed Inter, si rivelerà un fallimento, non per l’incapacità personale quanto per la confusione dei ruoli ed i muri di gelosia che si alzeranno.

Ecco un estratto della conferenza, a cui segue il video integrale

(La cultura degli alibi) La prima vittoria che propongo ai miei giocatori, e che mi pongo io stesso, è battere un nemico terribile, anche perché si nasconde e non lo vogliamo mai affrontare. E questo avversario sono i nostri limiti, i nostri difetti, le cose che non ci vengono bene, che non ci piacciono. Questa è la prima vittoria, se non si vince questa gara non c’è miglioramento, non c’è qualità.Dopo questa prima vittoria possiamo cominciare ad avere una mentalità vincente perché sappiamo battere i nostri limiti. Ma ancora non abbiamo battuto nessuna squadra.
Il secondo passo è vincere contro le difficoltà. Possono essere di varia natura, il clima, l’arbitro, una condizione non ottimale… Tutti possono spiegare perché non sono riusciti a fare una determinata cosa, pochi riescono a farla lo stesso. Non riuscire a vincere la difficoltà porta alla “cultura degli alibi”, cioè il tentativo di attribuire un nostro fallimento a qualcosa che non dipende da noi.
Adottando la cultura degli alibi elimino la possibilità di utilizzare il feedback che sta alla base dell’apprendimento. L’errore è uno strumento che segnala la necessità di apportare delle modifiche, le scuse invece impediscono di mettere in moto tutto il processo di miglioramento.
Il terzo livello di vittoria è vincere contro gli avversari. E qui il problema della qualità è nostro e degli altri, ed il problema è misurarla.
Ricerca della qualità non significa perfezione, per il semplice motivo che non è possibile raggiungerla. Uno dei compiti di un vero allenatore è quello di individuare fra tutti gli elementi da migliorare in una partita quelli che sono decisivi per la vittoria.

 

Davide Bernasconi

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