Intervista con: Gianvittorio Randaccio

Benvenuto Gianvittorio nel mondo della letteratura: Randaccio è al suo primo libro e con “Il Trequartista non sarà mai un giocatore completo” entra in libreria dalla porta frontale. Non per superbia o potere di una grande casa editrice, quanto perché l’opera ha “sofferto” per arrivare a poter essere letto da un pubblico più vasto che non fosse quello limitato agli amici ed ai famigliari. La buona letteratura può anche parlare anche di calcio ed allora Barcalcio non si è persa l’occasione di poterlo intervistare in occasione della presentazione alla Libreria Centofiori di Milano.

 

Ciao Gianvittorio, raccontaci un pò di te: gli studi e la tua professione

Sono laureato in storia e faccio il redattore in uno studio editoriale da più di dieci anni. Sono anche, e forse è la cosa più importante, un grande e curioso appassionato di lettura, la scuola di scrittura più importante che conosca.

 

Come sei arrivato a realizzare la tua opera: le vicende che ti hanno permesso di arrivare in “libreria”

Qualche anno fa un mio amico mi ha messo in contatto con Marco Rossari, giovane scrittore e traduttore milanese. Misteriosamente, le mie storielle sul calcio gli sono piaciute e, complici un paio di birre, ha provato a darmi una mano per trovare un editore, senza successo. Dopo un po’ di anni, Marco Rossari, nel frattempo diventato affermato scrittore e traduttore milanese, si è ricordato delle mie storielle mettendomi in contatto con Giovanni Nucci, editor di ItaloSvevo, casa editrice con la quale aveva pubblicato un libretto qualche mese prima. Io mando le mie storielle a Giovanni, a lui piacciono ed eccoci qua.

 

Gli scrittori che maggiormente hanno influenzato il tuo modo di scrivere

Direi che i libri di Cavazzoni, Celati, Nori, Cornia e l’idea di scrittura che reggeva «il Semplice», una rivista edita da Feltrinelli negli anni Novanta, sono da sempre dei punti di riferimento importanti per me. Per il Trequartista è stato importante anche Gene Gnocchi, con il suo Il mondo senza un filo di grasso. Poi ho una fissa per Georges Perec, che però non so se in qualche modo entri nel mio modo di scrivere. Amo Gianni Rodari e sono contento di poter cominciare a condividerlo con le mie bambine. Potrei farti mille altri nomi, ma preferisco dire che i recenti libri di Rossari, Cognetti ed Enia forse non influenzeranno la mia scrittura, ma sicuramente rendono la mia attività di lettore molto stimolante e gratificante.

Randaccio e la sua opera prima
Foto di Matteo Di Giulio

 

Cosa ti affascina del calcio attuale ed osservi con maggiore attenzione

Del calcio attuale mi affascina ben poco, anche se la passione non muore mai, e quindi continuo a seguirlo, godendo di tutte le rabone, i colpi di tacco e le rovesciate che i muscolosi e tatuati giocatori di oggi sono comunque in grado di regalare. Non mi piace fare il bacchettone nostalgico che pensa che una volta il calcio era bello mentre oggi no. Mi sembra che il gioco del lamento per i bei tempi passati sia poco costruttivo, oltre che sterilmente ripetitivo: ogni generazione rimpiange il calcio di quella precedente, ma calcio scommesse, guadagni spropositati e accuse di doping non sono patrimonio solo degli ultimi anni. Detto questo, il calcio attuale nei miei racconti c’è ben poco: preferisco parlare del calcio marginale e periferico dei cortili, degli oratori, dei parchetti, che sono sempre attuali e, in un certo senso sempre uguali.

 

Le storie che racconti ti appaiono situazioni normali oppure nascondono qualcosa di magico

Mi sembra che i personaggi delle mie storie siano comicamente idioti e che la loro sottile idiozia renda le situazioni normali che si ritrovano a vivere in qualche modo esemplari: non so se ci sia qualcosa di magico, spero però che siano divertenti e, a loro modo, affascinanti.

 

Cosa provi quando arriva l’ispirazione per scrivere.

L’ispirazione mi fa venire una gran voglia di scrivere. In caso contrario, ovvero quasi sempre, non scrivo. Mi piacerebbe che venisse istituito un corso di ispirazione: mi iscriverei immediatamente.

 

La tua altra grande passione è la musica: intravedi la possibilità di raccontare storie analoghe nel mondo musicale?

Per qualche anno ho scritto recensioni di dischi e concerti che erano delle piccole storielle. In un certo senso, mi sembra di avere già dato. Però la musica è un altro di quei mondi che può fornire una delle chiavi per descrivere e interpretare la realtà, perciò ti rispondo che Il chitarrista non sarà mai un musicista completo potrebbe essere tranquillamente il titolo del mio prossimo libro.

 

Cos’è per te un aforisma: un modo di pensare, una riflessione, una constatazione.

L’aforisma, se scritto bene, è uno spiraglio di verità. I miei non aspirano a tanto e se anche, ogni tanto, dicono qualcosa di vero lo fanno sempre senza prendersi sul serio.

 

Se ti capitasse di dover scrivere un romanzo, in che epoca lo ambienteresti.

Non saprei. Penso al giorno d’oggi, perché mi sembra che per essere autentici si debba scrivere di cose che si conoscono, ma in realtà scrivere un romanzo è una cosa che vedo così lontana, lunga e faticosa che anche se ne cominciassi uno oggi quando uscirebbe risulterebbe inevitabilmente ambientato nel passato.

 

Allora a presto Gianvittorio Randaccio, siamo sicuri che torneremo molto presto a leggere un’altra tua opera, magari un compendio di aforismi sul calcio che tanti di noi vivono la domenica mattina su campi sterrati, con spogliatoi senz’acqua calda ed il terzino che finisce il turno di notte ed arriva pur di non mancare.

Il Trequartista non sarà mai un giocatore completo – La Recensione

Randaccio con la divisa della sua squadra
Foto di Giuseppe D’Alfonso

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