Ai Giochi Olimpici, tutti gli atleti puntano a portarsi a casa la medaglia, sia oro, argento o bronzo, l’ideale complemento di 4 anni di duro lavoro ( se non di più), un traguardo che spesso completa la vita di un atleta. Ma se non riescono nell’impresa, per via di mille motivi, un infortunio, un giudizio arbitrale contrario od un più banale errore in gara, possono sempre comunque aspirare a prendere qualcosa che spesso siamo soliti associare ad un ambito scolastico o lavorativo invece che ad un campo di gara: il diploma olimpico .
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Il diploma olimpico: la storia
E cos’è? Beh, non è niente di meno che un certificato ufficiale che gli atleti ricevono per un piazzamento compreso tra il quarto e l’ottavo posto in una competizione olimpica.
A dir la verità, la storia inizia nel 1896, quando a ricevere il diploma era solo e soltanto il vincitore della gara; ricordiamo che a quei tempi potevano essere ammessi ai Giochi Olimpici Moderni soltanto gli atleti dilettanti che non percepivano alcun compenso o somme di denaro da generosi sponsors. Nel 1924 il prezioso documento venne esteso anche alle medaglie d’argento e di bronzo. Fu a Londra 1948, la prima edizione delle Olimpiadi dopo il Secondo Conflitto Mondiale, che venne estesa la consegna ai primi sei classificati.
A partire dalla Olimpiadi di Los Angeles 1984, quella con il boicottaggio dell’Unione Sovietica e dell’Est Europa, che verrà definitivamente allargato ai primi otto classificati.
I diplomi sono identici, di colore verde, realizzati in formato A3, tranne che per i medagliati, che si vedono consegnare un diploma con un timbro apposto in oro, argento o bronzo, a seconda dei casi. Sono firmati dal presidente del comitato olimpico del paese organizzatore e dal presidente del CIO .
I diplomi olimpici non vengono sempre distribuiti, ma non dalla volontà del CIO. In molte occasioni sono gli stessi atleti che li respingono. In tal caso, il CIO è responsabile di inviarlo al Comitato Olimpico del paese interessato.
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