Fece parte del Grande Brasile che perse contro l‘Italia di Pablito Rossi a Spagna 82 e non alzò mai al cielo una Coppa del Mondo, Toninho Cerezo rimane senza dubbio uno dei grandi centrocampisti che hanno scritto un’epoca nel calcio degli Anni 80.
Con alle spalle due edizioni dei Mondiali (1978 ed 1982), Cerezo trovò la definitiva consacrazione nel calcio italiano.
Antonio Carlos Cerezo nacque il 21 aprile 1955 a Belo Horizonte. Debuttò nel calcio professionistico nel 1972 con la maglia dell’Atlético Mineiro. Nel 1973 il passaggio al Nacional de Manaus e, dopo un solo anno, il rientro alla casa madre, dove rimase fino al 1983, quando gli si spalancarono le porte del calcio europeo. Il Presidente della Roma Dino Viola lo volle nella Capitale, nell’anno post-scudetto, per puntare deciso alla Coppa Campioni. Purtroppo, come tanti ricordano, i sogni si spensero nella notte dell’Olimpico, dopo una lotteria dei rigori che fece piangere lacrime amare ai tifosi giallorossi.
Dopo tre stagioni all’ombra del Cupolone, fu la volta della Sampdoria. Erano gli anni in cui la coppia Vialli & Mancini erano la delizia della Genova doriana, ma sempre distanti dall’agognato scudetto. Il centrocampista brasiliano assicurava ritmo e geometrie e, sotto la direzione di Boskov, arrivò finalmente il tricolore nella stagione 1990-91.
Dopo sei stagioni in Liguria (e nove complessive in Italia), il ritorno in patria. Ad attenderlo il Sao Paulo, con cui riuscì a giocare e vincere la Coppa Intercontinentale nel 1993, in finale contro il Milan. Mezza stagione al Cruzeiro (1994) e poi il ritorno al San Paolo nel 1995. Instancabile, proseguì il suo viaggio calcistico nella stagione 96-97 con l’América de Minas Gerais e chiuse la carriera con la sua prima squadra, tra le fila dell’Atletico Mineiro. Il palmarés pare infinito: 7 Campionati Mineiros, un Campionato Amazzonia, 2 Coppe Italia con la Roma e due con la Sampdoria, uno Scudetto ed una Supercoppa sempre i blucerchiati, un Campionato Paulista, una Libertadores, due Intercontinentali, due Recopa di Sudamérica ed una Supercoppa Sudamericana, tutto con il San Paulo. Con la maglia del Brasile, 74 partite e 7 reti complessive.
Il ritiro, avvenuto alla tenera età di 43 anni, non lo vide abbandonare totalmente il calcio: iniziò dapprima la carriera di allenatore nel paese natale, passando poi attraverso le esperienze in Giappone, Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti. Attualmente è osservatore in Sudamerica per conto della Sampdoria.
Protagonista sfortunato del match del Sarrià contro l’Italia: un suo movimento errato favorì la terza e definitiva segnatura di Paolo Rossi che costò il biglietto di ritorno in patria ai verdeoro che gli costarono mesi di polemiche pesanti nei sui confronti nei mesi successivi in patria.
Il caso volle che giocò la finale di Coppa dei Campioni con la Sampdoria contro il Barcellona nel maggio 1992, a 37 anni suonati. Pochi mesi dopo, giocò e vinse con il San Paolo, la Coppa Intercontinentale a Tokyo proprio contro i catalani, prendendosi la rivincita.
In Brasile venne soprannominato, a ragione, O Patrao da Bola (il Padrone del pallone).
Ebbe modo di giocare con entrambi i fratelli Vieira de Oliveira (Sócrates y Raí), appartenenti a due generazioni calcistiche diverse.
Negli ultimi anni, la cronaca brasiliana ebbe modo di interessarsi della sua vita privata. Leandro, uno dei suoi quattro figli, dichiarò di essere transessuale e di svolgere, con il nomignolo di Lea T., la professione di modello, oltre ad essere una musa di Givenchy. Tuttavia l’ex calciatore dichiarò di avere solo tre figli, cercando di smentire ogni voce in merito.
Venne eletto miglior giocatore della Coppa Intercontinentale del 1993, vinta con il San Paolo, la seconda consecutiva, ai danni del Milan di Fabio Capello.
Stagioni Squadra Presenze (goal)
1972–1983 Atlético Mineiro 111 (12)
1973–1974 → Nacional (AM) (prestito) 20 (3)
1983–1986 Roma 70 (13)
1986–1992 Sampdoria 145 (14)
1992–1993 São Paulo 72 (7)
1994 Cruzeiro 10 (3)
1995 Paulista
1995–1996 São Paulo 8 (0)
1996 América (MG)
1997 Atlético Mineiro