A ben pensarci, ogni attrezzo dello sport ha avuto una sua evoluzione nel corso del tempo in seguito al progresso tecnologico che ha concesso di rendere più funzionali tante cose che vengono utilizzate e che subiscono l’usura delle azioni di gioco piuttosto che consentono migliori prestazioni sia agli atleti che all’oggetto stesso.
E’ il caso anche della pallacanestro che, se non ha visto mutare le dimensioni del campo, ha subito nel corso dei decenni numerose modifiche, dalle regole del tempo di gioco ai falli piuttosto che alla sanzione di determinati falli.
Il pallone non ha invece visto cambiamenti appariscenti. Sempre a spicchi arancioni, anche se ultimamente il colore utilizzato è il marrone.
Ma torniamo alla questione principale: perché i canestri hanno le retine? Qual è la motivazione della loro esistenza?
Risposta semplice se si pensa che, quando nacque il gioco, vi erano dei cesti chiusi che non consentivano la fuoriuscita della sfera, costringendo così i giocatori a salire con una scala per recuperare il pallone.
Ecco allora che venne l’idea iniziale di “forare” i cesti e poi di sostituirli con dei più elementari anelli di ferro da cui pendeva una retina di corda consente di recuperare la sfera senza intoppi.
Essenziale quindi per velocizzare le azioni di gioco a seguito di un canestro.
E di che tipo deve essere la corda?
Perchè il gioco non sia spezzettato e perda quel tocco di vivacità che è dettato dalla continuità delle azioni, a volte anche a ritmo frenetico, occorre che la corda permetta di rallentare la discesa del pallone, onde evitare che possa involontariamente colpire uno dei giocatori o degli arbitri, ma senza che opponga troppo resistenza.
Ecco quindi che il tipo di corda è più rigida nella parte alta, quella attaccata all’anello mentre nella parte sottostante più fitta e morbida.